Disturbo d'ansia generalizzata

 

Il disturbo d’ansia generalizzata è un disturbo d’ansia caratterizzato da uno stato di preoccupazione per diversi eventi, che risulta eccessivo in intensità, durata o frequenza rispetto all’impatto o alla probabilità reali degli eventi temuti dal soggetto. Tale stato, inoltre, non risulta associato a specifiche circostanze, è difficile da controllare per chi lo sperimenta ed è presente nel soggetto per la maggior parte del tempo per almeno sei mesi.

 

 

Ansia e preoccupazione sono associate con tre (o più) dei seguenti sintomi:

 

-irrequietezza

-Facile affaticabilità

-Irritabilità

-difficoltà a concentrarsi

-Tensione muscolare

-alterazioni del sonno.

L’insieme dei sintomi causa un disagio clinicamente significativo con compromissione della funzionalità sociale, lavorativa, familiare, individuale.

 

La convinzione centrale nel DAG è così esprimibile:

 

“Il mondo è un posto potenzialmente imprevedibile e pericoloso. Io non sono in grado di affrontarlo e così devo anticipare tutte le cose brutte che possono accadere in modo da decidere come impedire che accadano oppure prepararmi nel caso si manifestino”.

 

Nel DAG scopo indiscutibile ed irrinunciabile è che non accada nulla, ma proprio nulla, di spiacevole (e di sicuramente “catastrofico”) a sé e alle persone care.

La credenza centrale è che sia possibile scongiurare ciò tenendo tutto sotto controllo.

Nel DAG il controllo sembra essere esercitato attraverso una forma peculiare di pensiero: il rimuginio. Clinicamente infatti, la caratteristica principale del disturbo è la presenza di ansia persistente ad andamento cronico con peculiari connotati cognitivi.

Il rimuginio esprime, nel campo della psicopatologia cognitiva, un fenomeno qualificante del DAG in quanto è lo stile di pensiero tipico dei soggetti ansiosi e contribuisce al mantenimento dell’ansia e al suo aggravamento.

Il rimuginio è qualcosa di più della preoccupazione. E’ la ripetizione mentale persistente dei termini di un problema, insieme a predizioni catastrofiche e ad una incapacità di fare scelte in risposta al pericolo percepito.

Caratteristiche del rimuginio (Borkovec et all.)

  • È un fenomeno cognitivo caratterizzato dal predominio di pensiero verbale negativo;
  • Nel rimuginio i pensieri verbali sono dominanti sull’immaginazione visiva;
  • Quando l’immaginazione visiva è presente ha scarsa vividezza e risoluzione;
  • Il pensiero verbale sembra stimolare risposta cardiovascolare minore rispetto a quella evocata dall’immaginazione visiva;
  • Nel rimuginio è scarsa la rappresentazione degli scenari temuti
  • Il rimginio è un’attività predittiva caratterizzata da scarsa concretezza e mancata elaborazione di piani gestionali efficaci;
  • È un fenomeno di evitamento cognitivo.

Rimuginare sembra essere una strategia per adattarsi a una realtà che si considera incerta, fuori controllo, pericolosa e costellata di problemi.

L’ansioso quindi rimugina con degli “scopi”, attribuisce cioè al suo rimuginare delle finalità:

  • Tranquillizzazione, raffreddameto dell’ansia somatica (“Ci penso tanto, ma sono meno agitato”)
  • Soluzione dei problemi (“Ci penso tanto per trovare una soluzione ai miei problemi”)
  • Distrazione da guai ancora peggiori (“Mi serve per non pensare a cose peggiori”)
  • Scudo emozionale o preparazione al peggio (“Così i guai non mi prenderanno alla sprovvista e mi spaventerò/ne soffrirò di meno”)
  • Rimuginio ascopico (“non serve a niente, ma non riesco a non farlo”)

Le strategie che il paziente ansioso mette in atto per per ridurre, controllare, le preoccupazioni e l’ansia sono evitamento e ricerca di rassicurazione. Queste due strategie, però, anziché ridurre gli stati emotivi negativi contribuiscono mantenerli e rinforzarli.

L’ Evitamento consiste nel tenersi lontano da luoghi, circostanze e situazioni in cui si teme che l’evento temuto possa verificarsi. Il sistema cognitivo non vuole più sperimentare e si tiene a distanza da quelli che potrebbero essere esperimenti cruciali. L’evitamento di una situazione per un pericolo inesistente o sopravvalutato non permette di rendersi conto che il pericolo non è reale. L’evitamento rafforza la sovrastima della gravità in quanto mantiene l’evento sconosciuto, impedisce di falsificare le credenze patogene, diminuisce la percezione di autoefficacia, si autorinforza perché nel breve periodo dà una sensazione di sollievo dall’ansia ma nel lungo periodo la mantiene in vita. Il paziente ansioso, inoltre, cerca continuamente rassicurazioni che sul momento hanno l’effetto di tranquillizzarlo. Subito dopo, però, si presenta sempre un motivo per dubitare della rassicurazione ricevuta e ricomincia il circolo vizioso dell’ansia. La ricerca di rassicurazione è per il paziente una strategia per cercare di eliminare l’incertezza.